Il 14 di febbraio si celebra la festa più dolce dell’anno, il giorno degli innamorati. Festeggiato in tutto il mondo, San Valentino ha origini antichissime e un po’ misteriose.
Dobbiamo risalire all’antica Roma per ritrovarne gli albori: la giornata poi dedicata dai papi a San Valentino era, in origine, una cruenta festività romana, una festa originariamente pagana dedicata a riti di fertilità e rinascita.
Il mese di febbraio, tradizionalmente mese di purificazione e rinascita, celebrava il suo culmine tra il 13 e il 15 del mese, con un rituale che prevedeva prima di tutto il sacrificio di capre e cani, rito propiziatorio al dio di boschi e bestiame, Fauno (Luperco). Seminudi, i giovani sacerdoti del dio, i Luperci, dovevano correre e, con la pelle delle bestie sacrificate, frustare il suolo e i devoti, di modo da favorirne la fertilità.
Fu papa Gelasio, alla fine del 5° secolo, a trasformare la liturgia pagana in una festa cristiana. Nel 476 d.C. il 14 febbraio divenne il giorno dedicato a San Valentino.
Esistono tre santi con questo nome, santi di cui si sa molto poco. Probabilmente fu il più noto dei tre a dare il nome alla festa: Valentino vescovo di Terni, morto martire nel 274. Tante sono le leggende legate ai martiri cristiani, tante le storie che spiegherebbero perché San Valentino sia divenuto il patrono degli innamorati.
Secondo una delle più suggestive, Valentino era un vero ribelle. Infatti, nonostante il divieto imposto dall’imperatore, egli celebrò il matrimonio tra Serapia, una fanciulla cristiana, e un soldato romano, Sabino. Era un matrimonio che “non s’aveva da fare” non solo perché “misto”, ma anche perché l’imperatore Claudio II aveva proibito ai centurioni romani di contrarre matrimonio perché ciò li avrebbe resi più vulnerabili emotivamente.
Fu poi lo scrittore inglese Geoffrey Chaucer, a fine 1300, ad associare nella sua opera “Il parlamento degli uccelli” la figura di San Valentino a Cupido e, dunque, a consacrarlo alla protezione degli innamorati.
A quegli anni risale anche la prima “valentina”: nel 1415, Carlo Duca D’Orleans, tenuto prigioniero nella Torre di Londra, scrisse una poesia d’amore alla moglie lontana, Valentine, per celebrare il loro sentimento.
L’uso delle “valentine”, cioè delle lettere all’innamorata, si diffuse nel mondo anglosassone soprattutto a partire dall’800.
Fu una visionaria imprenditrice americana, Esther Howland, a esportare la moda negli Stati Uniti, rendendola così mondiale. L’America puritana dell’epoca non accolse molto bene il trend incipiente dei bigliettini d’amore: “Che siano decenti o indecenti, accontentano solo gli sciocchi e danno ai viziosi l’opportunità di sviluppare le loro propensioni”, tuonava il New York Times in un articolo del 14 febbraio 1856. Ma l’amore, si sa, non conosce confini, e fu così che la moda si diffuse sempre più, a mezzo di cartoline con pizzi e nastri, linguaggi cifrati e tasche segrete, ciocche di capelli inserite e anelli di fidanzamento incorporati. I più complessi arrivarono a costare fino a 50 dollari, il prezzo medio di un cavallo!
Insomma, una serie di leggende si intrecciano nel tentativo di spiegare qualcosa che, forse, rimarrà sempre avvolto nelle misteriose maglie del passato. Ciò che importa, però, è che la festa dell’amore è sempre viva e vegeta.
Foto: Esther Howland
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