L’inutile ricerca delle persone ritratte da un fotografo ma che non sono mai state rintracciate
Come fa un fotografo, diventato in poco tempo famoso (almeno sui social), a scattare e ritoccare bellissimi ritratti senza che i fotomodelli esistano veramente?
Ponete una serie di ritratti assimilabili ad un book fotografico e che una agenzia di comunicazione decida di utilizzare un particolare volto perché si adatta esattamente al tipo di immagine che intende realizzare per una campagna pubblicitaria.
La prima cosa che farà sarà quella di chiedere al fotografo che ha realizzato il ritratto di contattare il fotomodello o la fotomodella per eseguire uno shooting di prova per inserirli in un casting da proporre ad un cliente.
Il fotografo risponde affermando che la persona in questione non esiste. Perché?
Questa breve premessa serve ad introdurre una recente situazione che si è venuta a creare sui social, Instagram per la precisione.
Jos Avery finno al mese scorso si definiva nel proprio profilo come fotografo specializzato in ritratti, riuscendo a moltiplicare il suo seguito sui social passando da alcune centinaia a oltre 35.000 follower.
La specializzazione di Avery era quella della ritrattistica soprattutto in bianco e nero postando bellissime immagini di ritratti molto variegati di uomini e donne di diverse età ed etnie.
Dando uno sguardo al suo profilo si resta meravigliati dalla bellezza delle fotografie che l’autore descriveva come foto scattate e poi ritoccate in Photoshop per ottenere un prodotto finale di elevato livello.
A seguito della sua crescente fama e dal successo che i suoi ritratti stavano avendo, ha avuto un ripensamento andando a dichiarare (o ammettere) che le immagini di partenza non erano state fatte utilizzando una macchina fotografica ma generate da un software di Intelligenza artificiale che lui utilizzava per creare i propri lavori.
Il software in questione è Midjourney, piattaforma di intelligenza artificiale specializzata nella creazione di immagini derivate da una descrizione (prompt) redatta come richiesta di generazione dell’immagine stessa.
Jos Avery: smascheratore o smascherato?
Il dubbio rimane. Nelle sue dichiarazioni ha detto di aver voluto “volutamente” ingannare il proprio pubblico per dimostrare come in futuro sarà quasi impossibile distinguere le creazioni provenienti da sensibilità umana piuttosto che da “macchine” pensanti, rivelando a posteriori il suo operato.
Potrebbe essere invece stato scoperto o “sgamato”, che come termine centra appieno il concetto e, non potendo più reggere il gioco, sia stato costretto a rivelare il suo segreto.
“Ma è pur sempre Arte”
Avery sostiene che comunque il suo processo creativo è assimilabile ad una “arte” in quanto la generazione di immagini, così definite da parte dell’AI ed il suo successivo contributo nella postproduzione delle immagine attraverso strumenti di fotoritocco, richiede una profondo esperienza ed una capacità di immaginazione tipica dei processi creativi normalmente applicati nella realizzazione di opere d’arte. Solamente che si tratta di un altro tipo di arte.
A voi la sentenza.
immagini tratte dal profilo Instagram di Jos Avery @averyseasonart