PFAS in Veneto – Un’area martoriata dagli inquinanti chimici
PFAS in Veneto – Per oltre tre decenni, un’ampia zona tra le province di Vicenza, Verona e Padova, conosciuta come “Area Rossa”, è stata teatro di una massiccia dispersione di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque superficiali e di falda. Questi composti chimici tossici, utilizzati per conferire proprietà idro- e oleo-repellenti a numerosi prodotti, hanno contaminato persino l’acqua potabile, con un picco di grave inquinamento registrato nel 2013. Circa 150.000 residenti, distribuiti in una trentina di comuni, sono stati involontariamente esposti agli PFAS per oltre 30 anni, ingerendo quotidianamente acqua contaminata.
Un rischio concreto per la salute pubblica
Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra l’esposizione agli PFAS e un aumento del rischio di sviluppare patologie come malattie endocrine, cardiovascolari e cerebrovascolari, oltre a influenzare lo sviluppo dei bambini. Nel 2023, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS ha classificato alcuni PFAS come cancerogeni certi per l’uomo, con effetti probabili anche sui tumori dei reni e dei testicoli.
PFAS in Veneto – Un nesso causale dimostrato scientificamente
Per quantificare l’impatto della contaminazione sull’Area Rossa, i ricercatori dell’Università di Padova, guidati da Annibale Biggeri, hanno condotto uno studio sui dati di mortalità e incidenza di tumori del Registro Tumori dell’Emilia Romagna e del Servizio statistico dell’Istituto Superiore di Sanità. Analizzando i dati dal 1980 al 2018, hanno rilevato circa 29.600 decessi tra gli uomini e 29.500 tra le donne nell’Area Rossa.
Risultati allarmanti sull’impatto sulla salute
Lo studio ha dimostrato un nesso causale tra la contaminazione da PFAS e anomalie statistiche negli indici di salute e mortalità. Rispetto alle zone limitrofe non interessate dall’inquinamento, nell’Area Rossa si sono registrati almeno 3.800 decessi in più, pari a uno ogni tre giorni, attribuibili agli PFAS. In particolare, si è osservato un aumento delle malattie cardiovascolari, come gli infarti, e dei tumori associati agli PFAS, come quelli dei reni e dei testicoli.
Le richieste delle Mamme No PFAS
Le Mamme No PFAS, un gruppo attivo nella denuncia dei problemi legati alle acque contaminate, hanno nuovamente chiesto l’avvio di uno studio di coorte approvato dalla Regione Veneto nel 2016 ma mai avviato. Questo studio potrebbe fornire informazioni sugli effetti a lungo termine e sui fattori di rischio individuali, essenziali per definire politiche di salute pubblica più incisive. Inoltre, denunciano una maggiore incidenza di altre patologie non analizzate nello studio, come quelle della tiroide, i deficit di attenzione nei bambini, i parti prematuri e gli aborti spontanei.
Per approfondire: PFAS – Fondazione Veronesi