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La corsa al nucleare delle Big Tech per alimentare l’intelligenza artificiale

Energia nucleare e AI: Le Big Tech investono in reattori nucleari per alimentare i data center e ridurre le emissioni di carbonio.

La crescente richiesta energetica dell’intelligenza artificiale

Energia nucleare e AI – L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando numerosi settori, ma dietro la sua impressionante capacità di calcolo si nasconde un problema cruciale: il consumo energetico. I data center che alimentano i modelli AI richiedono una quantità di energia enormemente superiore rispetto a quella utilizzata dai tradizionali servizi digitali come i social media o le ricerche online. Secondo Raul Martynek, CEO di DataBank, un rack di chip avanzati per l’AI può necessitare di oltre 100 kilowatt di energia, un dato che sottolinea la crescente pressione sulle infrastrutture energetiche esistenti.

Per rispondere a questa sfida e mantenere gli impegni di sostenibilità, le principali aziende tecnologiche stanno puntando sempre più sull’energia nucleare come soluzione per alimentare i propri data center e raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di carbonio entro il 2030.

Le Big Tech investono nel nucleare

Negli ultimi mesi, colossi come Microsoft, Google e Amazon hanno annunciato importanti investimenti nel settore nucleare. Microsoft, ad esempio, ha siglato un accordo per riattivare la centrale nucleare di Three Mile Island in Pennsylvania, chiusa nel 2019 per ragioni economiche. Amazon e Google, invece, stanno investendo nei piccoli reattori modulari (SMR), una tecnologia emergente che promette di rendere l’energia nucleare più accessibile ed efficiente.

Aneesh Prabhu, amministratore delegato di S&P Global Ratings, ha spiegato che le Big Tech vogliono crescere in modo sostenibile e che, attualmente, il nucleare rappresenta la migliore soluzione per bilanciare sviluppo tecnologico e rispetto dell’ambiente.

Gli Stati Uniti accelerano lo sviluppo dell’energia nucleare

Il supporto governativo sta giocando un ruolo chiave nella corsa al nucleare. L’ex presidente Joe Biden ha firmato l’Advanced Nuclear for Clean Energy Act, una legge volta a incentivare lo sviluppo dell’energia nucleare attraverso investimenti e semplificazioni burocratiche. L’obiettivo è incrementare la produzione di energia a zero emissioni di carbonio per sostenere settori in forte crescita, tra cui l’AI e la manifattura.

Nonostante il forte impegno delle Big Tech, la costruzione di nuove centrali nucleari negli Stati Uniti ha incontrato numerosi ostacoli negli ultimi decenni. Solo due nuovi reattori sono stati completati, suscitando dubbi sulla capacità dell’industria di superare le complessità burocratiche ed economiche che da sempre caratterizzano il settore.

Amazon e Google puntano sui piccoli reattori modulari

Google è stata tra le prime aziende a scommettere sugli SMR, firmando un accordo con Kairos Power per l’acquisto di energia prodotta da questi reattori innovativi. L’azienda prevede di avere a disposizione 6 o 7 reattori entro il 2035, con il primo operativo già nel 2030. Secondo Google, questi impianti contribuiranno a fornire fino a 500 MW di energia pulita alla rete elettrica statunitense.

Anche Amazon ha siglato accordi strategici per sviluppare reattori modulari, collaborando con Energy Northwest, X-energy e Dominion Energy per costruire nuovi impianti in grado di generare centinaia di megawatt di energia a basse emissioni. Inoltre, la società ha investito in un data center alimentato da un impianto nucleare esistente in Pennsylvania, garantendosi così una fornitura stabile e sostenibile.

I vantaggi e le sfide dei piccoli reattori modulari

I piccoli reattori modulari presentano diversi vantaggi rispetto alle centrali nucleari tradizionali. Grazie al loro design compatto e modulare, possono essere costruiti più rapidamente e a costi inferiori. Inoltre, i reattori pebble-bed, che utilizzano combustibile sotto forma di ciottoli, sono considerati più sicuri perché non richiedono sistemi di raffreddamento complessi.

Tuttavia, alcuni esperti sollevano preoccupazioni sulla sicurezza e sulla gestione dei rifiuti radioattivi generati dagli SMR. Secondo un rapporto pubblicato su PNAS, i piccoli reattori potrebbero produrre fino a 30 volte più scorie radioattive rispetto ai reattori convenzionali. Inoltre, l’uso di uranio ad alto dosaggio potrebbe aumentare i rischi di proliferazione nucleare.

Microsoft e la riapertura di Three Mile Island

Microsoft ha adottato un approccio differente rispetto a Google e Amazon, puntando sulla riattivazione della centrale nucleare di Three Mile Island. L’impianto è famoso per l’incidente del 1979, il più grave mai avvenuto negli Stati Uniti. Nonostante ciò, il reattore dell’Unità 1 ha continuato a funzionare in sicurezza fino alla sua chiusura nel 2019.

Ora, grazie a un accordo ventennale con Constellation Energy, Microsoft prevede di riavviare l’impianto con il nome di Crane Clean Energy Centre. La centrale fornirà oltre 800 MW di energia carbon-free, contribuendo alla decarbonizzazione della rete elettrica e supportando la crescente domanda energetica dei data center.

Implicazioni economiche e ambientali della svolta nucleare

L’adozione dell’energia nucleare da parte delle Big Tech potrebbe avere un impatto significativo sull’economia e sull’ambiente. Da un lato, il rilancio del settore nucleare potrebbe creare nuovi posti di lavoro e stimolare investimenti in ricerca e sviluppo. Dall’altro, la disponibilità di energia pulita su larga scala potrebbe accelerare l’innovazione nell’intelligenza artificiale, consentendo lo sviluppo di modelli sempre più complessi e avanzati.

Tuttavia, restano ancora molte incognite, soprattutto per quanto riguarda i costi di costruzione e manutenzione degli impianti, la gestione delle scorie nucleari e l’accettazione pubblica di questa tecnologia. Se le Big Tech riusciranno a superare queste sfide, il nucleare potrebbe diventare una colonna portante dell’infrastruttura energetica del futuro.

Social Context: Le Big Tech scommettono sull’energia nucleare per alimentare l’intelligenza artificiale. Ma è davvero la soluzione giusta?