A un anno dal lancio, la piattaforma Piracy Shield si prepara a un’espansione senza precedenti.
Piracy Shield un anno dopo – Nato con l’obiettivo di contrastare lo streaming illegale degli eventi sportivi, lo strumento ha subito critiche e incontrato ostacoli tecnici e normativi. Tuttavia, invece di un ripensamento, il governo ha deciso di rafforzarne l’azione, eliminando i limiti esistenti e introducendo nuove sanzioni per i fornitori di servizi Internet (ISP) che dovessero divulgare informazioni sulle operazioni della piattaforma.
L’assenza di metriche pubbliche e il dubbio sul successo
Nonostante le dichiarazioni degli ideatori, non esistono dati trasparenti per misurare l’efficacia di Piracy Shield. Gli unici numeri disponibili sono il conteggio dei blocchi effettuati, che in sei mesi ha raggiunto i limiti tecnici della piattaforma, e i dati sugli utenti unici dei titolari dei diritti sportivi. Tuttavia, senza numeri chiari sugli abbonati di piattaforme come Dazn, il successo dell’iniziativa rimane un’incognita.
Un ampliamento discutibile: verso il blocco indiscriminato
Il 2024 segna un cambiamento sostanziale per Piracy Shield: l’estensione del sistema anche a nuovi contenuti, dalle prime televisive alle serie TV. Ma a destare particolare preoccupazione è la rimozione del limite sul numero di risorse web bloccabili, una misura che mette in difficoltà soprattutto i piccoli ISP, già in difficoltà per i costi dell’implementazione della piattaforma.
Problemi tecnici e giuridici: perché Piracy Shield rischia di fallire
Piracy Shield si scontra con una realtà tecnica ineludibile: il blocco di un dominio non sempre inibisce l’accesso ai contenuti pirata, mentre il blocco di un indirizzo IP può causare la chiusura involontaria di migliaia di siti legittimi. L’adozione del criterio della “prevalenza” delle attività illecite per giustificare i blocchi rende la misura ancora più problematica, poiché non esiste un metodo infallibile per determinare con esattezza la proporzione di traffico legittimo e illegale su un IP.
Il rischio di inefficacia: la corsa agli IP dinamici
Il meccanismo della piattaforma si scontra con la rapidità con cui i pirati del web riescono a cambiare indirizzo IP, vanificando l’efficacia del blocco nel giro di pochi minuti. Il fenomeno delle IPTV illegali è in continua evoluzione e molti servizi hanno già implementato soluzioni per aggirare le misure restrittive di Piracy Shield, rendendo la piattaforma poco incisiva nel lungo periodo.
Il problema dei costi: chi paga il conto?
Gli ISP hanno dovuto adattarsi all’introduzione di Piracy Shield, sostenendo costi elevati senza alcun ristoro economico. Il blocco massivo degli indirizzi e la gestione della piattaforma impongono spese rilevanti, in particolare per i provider più piccoli, che rischiano di non poter reggere l’aumento del carico di lavoro. Sebbene Agcom abbia chiesto ai provider di stimare i costi sostenuti, al momento non esiste alcuna previsione di rimborso per gli operatori.
Il paradosso delle sanzioni: punire chi è obbligato a collaborare
Un elemento particolarmente controverso riguarda l’introduzione di sanzioni contro gli ISP nel caso in cui diffondano informazioni sulla piattaforma. Se da un lato si comprendono le preoccupazioni per la riservatezza, dall’altro risulta contraddittorio punire gli operatori che sono già obbligati per legge a collaborare con Piracy Shield. Inoltre, sono previste sanzioni anche per i titolari dei diritti nel caso di segnalazioni errate, una misura che riconosce gli errori commessi in passato ma non risolve il problema alla radice.
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Il problema del reindirizzamento: una misura irrealizzabile
Una delle nuove funzioni previste è il reindirizzamento degli utenti che tentano di accedere a siti bloccati verso una pagina informativa. Tuttavia, dal punto di vista tecnico, questa soluzione è impraticabile, soprattutto quando si tratta di bloccare interi indirizzi IP. Inoltre, con la diffusione delle connessioni cifrate (HTTPS), gli operatori di rete non possono intervenire direttamente per visualizzare una pagina di avviso, rendendo l’intera misura inefficace.
Piracy Shield un anno dopo – Una soluzione più problematica della pirateria?
A un anno dal lancio, Piracy Shield si conferma una piattaforma che solleva più problemi di quanti ne risolva. Il rischio di blocchi arbitrari, la mancanza di trasparenza, l’inefficacia nel contrasto alla pirateria e i costi elevati imposti agli ISP rendono il sistema poco sostenibile. Mentre il governo si ostina a rafforzarlo, senza ascoltare le preoccupazioni degli operatori, la battaglia contro lo streaming illegale rischia di trasformarsi in un boomerang, danneggiando l’ecosistema digitale senza ottenere i risultati sperati.
Social Context: Piracy Shield: un anno dopo, tra nuovi blocchi e polemiche. È davvero efficace o sta solo creando più problemi? Scopri di più nell’articolo! #PiracyShield #Streaming #DirittoDAutore